Il pesce nella storia

I greci antichi consumavano molto pesce che cucinavano in modo diverso, ma sopratutto sotto la brace, con poche aggiunte di aromi e talvolta formaggio (caprino). Secondo Archestrato, cuoco del IV secolo avanti Cristo, nato a Gela (ma alcuni lo pensano di Siracusa), riteneva che il formaggio fosse idoneo solo sui pesci coriacei, mentre, al contrario, i Siracusani lo usavano indiscriminatamente su tutti i pesci. L’uso di fasciare taluni pesci con grandi foglie, fico o vite per poi cuocerli nella brace, rappresnta quello che noi oggi chiamiamo cartoccio.

Due ricette di Archestrato:

Sarago: considerato pesce coriaceo, va cotto al      forno con molto formaggio e aceto. Altri pesci, considerati più teneri, solo con olio e sale.

Sardine e triglie: vengono messe a cuocere nel forno o nella brace, fasciate in foglie di fico, con solo un po’ di maggiorana.

Il pesce di mare divenne cibo per i Romani sotto l’influenza dei Greci, quindi dopo il III secolo a.C., ma ovviamente, per quanto riguarda il pesce fresco, il consumo era limitato a causa del suo facile deteriorarsi. Oltre ai modi comuni per cucinare il pesce, facevano anche una specie di frittata. Una caratteristica romana, nella cucina d’epoca imperiale presso famiglie facoltose, era quello di preparare piatti finti, maialini, cacciagione e pesci fatti con tutt’altre materie prime, utilizzando stampi appositi in bronzo. Il cuoco Apicio fornisce una ricetta per il pesce: si otteneva il sapore voluto, ma sopratutto, probabilmente si mostrava ai commensali il finto pesce  intero, e poi i servi preparavano i bocconi  ed era facile ingannarli.

Patina di pesce: Il pesce lavato viene arrostito alla griglia. Si pesta nel mortaio pepe, garum e ostriche, aggiungendo vino; si mettono  in padella le ostriche con olio e si fa bollire. Si versa la salsa sopra il pesce spezzettato, si fa nuovamente bollire e si aggiungono  numerose uova sulle ostriche. Quando le uova saranno rapprese so aggiunge pepe.

Pesce finto: si cuoce del fegato di lepre, o di agnello o di uccelli), poi si tritura con pepe, garum, sale e olio. Si lavora e si versa nello stampo. Per servirlo si versa sopra olio.

Data la precarietà dei trasporti, nel Medioevo il consumo dei pesci di mare era ancor più limitato alle località della costa, mentre quello d’acqua dolce ebbe un incremento con la formazione di stagni nelle zone di abbandono inselvatichite. Il consumo era molto diffuso sopratutto per rispettare i numerosi periodi di digiuno imposti dalla religione.

I pesci più frequentemente usati nei ricettari sono le anguille: di queste esiste anche una ricetta di anguilla ridotta in salume.

Salciccia d’anguilla: si prendono due anguille e si scorticano, salvando la pelle di una, si fa bollire la carne, si tolgono le spine e si pesta. Poi si pestano mandorle con latte, si cuoce per addensare, e quindi con spezie si mescola tutto con la carne aggiungendo semi di finocchio. L’impasto viene così messo nella pelle dell’anguilla, posta poi su una piastra unta d’olio con sotto la brace. Si unge l’anguilla con olio in cui è stata soffritta la cipolla e poi va mangiata con la salsa verde.

In età moderna al pesce è spesso aggiunto lo zucchero, come si vede nelle due ricette seguenti di Scappi, cuoco del  ‘500   che operò alla corte pontificia:

Pottaggio: di pesce persico, o luccio (acqua dolce), o ombrina o cappone (mare): il pesce va prima bollito in acqua  e sale. Si pulisce anche delle squame e si pone la polpa nel latte di mandorle  con acqua e zucchero. Si fa bollire un po’ e si serve con una goccia di acqua di rose.

Crostata di alici: si lavano le acciughe salate con il vino, si puliscono e si aprono. In una tortiera si mettono tre sfoglie di pasta; si aggiunge menta, maggiorana, uva passa, zibibbo, pepe, cannella, garofani (chiodi?) e noce moscata, tutto pestato. Sopra i filetti di alici, ricoperti da altrettanta miscela di spezie. Si copre con altre  due sfoglie. Dopo cotta nel forno, si serve con zucchero e acqua di rose.

Bibliografia

Archestrato di Gela nel sito Internet www.liberliber.it

A. Dosi-E. Schnell, I Romani in cucina

Rebora, La cucina medievale italiana tra Oriente ed Occidente

G.Maffioli, Il romanzo della grande cucina

redazione

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